L’emergenza epidemiologica in corso ha provocato dubbi ed incertezze anche per detentori e commercianti di animali. È d’uopo premettere, come ricordato dal Ministero della Salute e da ogni Organismo sanitario interpellato, che l’attuale diffusione del Covid-19 è il risultato della trasmissione da uomo a uomo e che al momento non ci sono prove che gli animali da compagnia possano diffondere il virus. Conseguentemente, non vi è alcuna giustificazione per l’adozione di misure a carico degli animali da compagnia che possano comprometterne il benessere.
Al contrario, la cura degli stessi deve essere garantita con il regolare accudimento, mentre l’abbandono di un animale che si è volontariamente scelto come parte della propria quotidianità costituisce reato punibile ex art. 727 c.p.. La precisazione non è superflua se solo si ricordano le notizie di stampa secondo cui in Cina il fraintendimento e la decontestualizzazione delle dichiarazioni, durante un programma televisivo, di un esponente della Commissione Sanitaria nazionale ha indotto alcuni, purtroppo molti, ad abbandonare i propri animali domestici o addirittura a sopprimerli La pregnanza degli obblighi dei detentori nei confronti degli animali d’affezione è attestata dalla circostanza che, nel nostro Paese, la copiosa legislazione emergenziale stratificatasi tra il mese di marzo e quello di aprile, pur limitando alla più stretta necessità la permanenza dei cittadini all’esterno delle abitazioni, non ha mai compresso la facoltà di portare all’aperto gli animali, nello specifico i cani, per l’espletamento delle funzioni fisiologiche. Sempre con riguardo alle prescrizioni, è stata invece richiesta a tutti i cittadini l’osservanza di un minimo di diligenza, coincidente ad esempio con il restare nei pressi della propria abitazione e con il mantenimento del distanziamento sociale.
A metà tra le facoltà e i doveri sta il diritto per il proprietario o detentore di spostarsi al fine di sottoporre a cure necessarie il proprio animale così come quello di recarsi al di fuori del proprio comune per acquistare farmaci o cibi specifici sulla base di una prescrizione veterinaria. Superando l’ambito dei detentori a fini d’affezione, resta da considerare quello degli esercizi commerciali e, in generale, degli operatori professionali.
I negozi di animali, mangimistica e accessori sono sempre rimasti aperti durante l’emergenza ed è sempre stata garantita la possibilità di procedere alle vendite con consegna a domicilio. Se la circostanza era scontata per gli alimenti destinati agli animali, trattandosi per gli stessi di prima necessità al pari degli umani, all’inizio dell’emergenza non era altrettanto certa la possibilità di commercializzazione degli animali stessi.
La regolamentazione a livello locale è stata però omogenea e ha consentito l’esercizio delle vendite. Sul punto merita un discorso a parte l’approvvigionamento degli animali poi proposti in vendita, poiché quanto concesso agli allevatori nostrani era ed è precluso agli esportatori comunitari che rifornivano molti dettaglianti italiani. Nello specifico, in costanza di una normativa che permette la circolazione delle “merci”, le autorità sanitarie preposte alla sorveglianza delle movimentazioni intracomunitarie hanno impedito l’import/export di animali, d’affezione, negando il rilascio dei relativi documenti accompagnatori. E lo stallo non è a tutt’oggi superato nemmeno dalla disponibilità dei trasportatori alla quarantena a seguito di ciascuno spostamento oltre frontiera. È infine certamente vietata la movimentazione di animali per fini ludici ricreativi e per l’addestramento degli stessi.